Archive for the ‘pubblicità’ Category

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A volte ritornano: back to the ’90s

domenica 26 giugno 2011

Domenica mattina. Fare colazione con la TV accesa è un po’ come viaggiare indietro nel tempo, le pubblicità che passano su Italia 1 fra un cartone animato e l’altro mi fanno sentire come se mi fossi risvegliata nei primi anni ’90.

Si parte con un classico dell’estate, l’ormai mitico Super Liquidator. Più che una pistola ad acqua, un’arma di distruzione di massa versione junior. Si continua con la super-molla fluorescente che scende le scale. Presentata come l’ultimo prodigio della tecnica, io ne ho una quasi identica, comprata una ventina di anni fa. Anche se, ahimè, la mia versione non brilla al buio. Ma la ciliegina sulla torta è qualcosa che non avrei mai pensato di rivedere: i ciuccini di gomma, vero e proprio must quando ero alle medie. Ogni ragazzina mediamente in ne aveva almeno una dozzina appesi a collane, bracciali e zainetti vari.

Aggiungiamo alla lista “On the floor“, canzone partorita dal duo Jennifer Lopez/Pitpull, nella quale la coppia più tamarra della East Coast ha inserito un sample della lambada, e l’operazione nostalgia è completa. Anche se, a voler essere precisi, il singolo della lambada era uscito nel 1989, quindi non farebbe parte del revival anni ’90. Per chiudere in bellezza ci vorrebbe il ritorno di Corona.

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Facebook e il marketing mirato

martedì 22 marzo 2011

Ogni volta che un utente Facebook clicca il pulsantino “Mi piace” o usa un’applicazione, il caro Mark Zuckerberg, seduto nel suo bell’ufficio dall’altra parte dell’oceano, raccoglie informazioni su di lui (o su di lei), sulle sue abitudini online, sui suoi gusti. Tutte informazioni che poi rivende agli sponsor, in modo che questi possano confezionare spot personalizzati per pubblicizzare prodotti potenzialmente interessanti per il consumatore.

Sarà che non ho mai usato applicazioni, che lascio pochi commenti e centellino i “Mi piace” come se fossero a pagamento, ma chi si occupa di questo tipo di marketing mirato sembra avere qualche problema nel ricostruire i miei interessi e definire il mio profilo di consumatrice.

Queste qui accanto sono le inserzioni che mi sono apparse su una pagina Facebook qualche tempo fa. La tripletta Storace – Potenza della croce – L’Unità è a dir poco sublime, copre in un colpo solo tutto lo spettro socio-politico italiano. A proposito di “gioie paradisiache”, ci avrei visto bene anche uno spot sul Grande Centro con Neri Marcorè che imita Casini, ma devono esserci stati problemi di copyright.

Non contenti, però, i marchettari di Faccialibro hanno buttato nel calderone anche qualcosa di più prettamente commerciale: sono pur sempre una donna, no? E quale donna potrebbe mai resistere a una manicure a 3 euro? Bel tentativo, davvero, peccato ci siano due piccoli inconvenienti: primo, io sto alla manicure come Obelix sta all’anoressia; secondo, non abito a Roma. E il fatto che il signor Zuckerberg non lo sappia mi fa dormire sonni più tranquilli.

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Femminista a chi?

domenica 10 ottobre 2010

Non mi definirei una femminista. Allo slogan “Gli uomini e le donne sono uguali” preferisco “Gli uomini e le donne sono pari”: uguali di fronte alla legge, tutti con gli stessi diritti e pari dignità, ma senza bisogno di rinunciare all’individualità. Anche perché, benché sia fermamente convinta che le differenze di genere siano in gran parte plasmate dalla società, non si può ignorare l’influenza degli ormoni, e sfido qualsiasi donna abbia superato la pubertà a contraddirmi.

Purtroppo, però, la diversità viene ancora considerata come qualcosa di negativo e, nonostante ci vantiamo di vivere in un Paese “sviluppato”, è ancora diffusissima la convinzione che “le donne sono diverse, quindi inferiori”. Nell’era del politically correct in pochi affermerebbero apertamente una cosa del genere, ma basta accendere la TV per capire che il messaggio implicito è esattamente quello. E, appunto perché implicito, è estremamente efficace, poiché agisce su una serie di convinzioni date per scontate e che non vengono messe in discussione, semplicemente perché “è sempre stato così”.

Tutto ciò è palese nelle pubblicità. Le peggiori credo siano quelle di una marca di sottilette nelle quali delle bambine di 4-5 anni recitano la parte delle perfette donnine di casa tutte prese a cucinare, lavare i piatti e lamentarsi dei mariti, attività “tipicamente femminili”. Hanno ancora i denti da latte e sono già imprigionate nello stereotipo dell’angelo del focolare.

Ma sono in buona compagnia. Di recente ho visto lo spot di un prodotto per la pulizia della casa. Una giovane coppia è seduta sul divano. Suona il campanello, lui va ad aprire e dice a lei “È per te.” Lei va alla porta e cosa trova? Un bel batuffolone di polvere pronto ad invadere l’appartamento appena pulito. Il messaggio è inequivocabile: spolverare è una cosa da donne, io, uomo, non voglio saperne nulla. Io gli avrei fatto ingoiare lo strofinaccio, ma sono notoriamente una persona molto poco femminile.

Per non parlare delle campagne pubblicitarie che usano donne più o meno svestite per vendere qualsiasi cosa, dall’antiruggine allo yogurt. A proposito di yogurt, vorrei ringraziare gli autori di “Presa diretta”, che un paio di settimane fa, nella puntata intitolata “Senza donne“, mi hanno fatto scoprire la differenza abissale tra la campagna italiana e quella estera di una certa marca che, in Italia, presenta il proprio prodotto in modo molto sensuale (corpi nudi, slogan ammiccanti, la solita storia), mentre in altri Paesi europei ha realizzato spot totalmente diversi (persone di ogni età che saltano, ballano e si divertono, il tutto senza togliersi i vestiti).

È già abbastanza triste vedere come il corpo delle donne venga considerato una merce qualsiasi, ma rendersi conto che in Italia, tanto per cambiare, siamo messi peggio che all’estero è veramente desolante.

PS Per chi non lo sapesse, l’immagine all’inizio del post rappresenta “Rosie the Riveter” (Rosie la saldatrice) e faceva parte della campagna di mobilitazione realizzata durante la Seconda Guerra Mondiale, quando le donne americane furono chiamate a lavorare in fabbrica al posto degli uomini spediti al fronte. Dieci anni più tardi, le pubblicità si rivolgevano così alle persone che avevano tenuto in piedi la nazione:

E qualcuno si chiede ancora perché le femministe siano così incazzate?

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Attenti al cane: potreste investirlo

mercoledì 14 luglio 2010

Pensavo di non essere più capace di indignarmi. A furia di sentir parlare di scandali, lodi, manovre, leggi e leggine ad personam, ad familiam, ad minchiam, pensavo di aver sviluppato un filtro fra me e il mondo esterno e di essere diventata immune a certe notizie. Una delle mie frasi più ricorrenti è “Non mi stupisco più di niente”. Ma per fortuna ci ha pensato mamma Rai a farmi ricredere, grazie alla sua campagna antiabbandono. Campagna volta a contrastare il fenomeno dell’abbandono degli animali domestici appena la temperatura esterna supera i 25°C? Magari.

Ho cercato lo spot in questione in rete, ma invano. Forse non mi sono impegnata abbastanza: col caldo, si sa, la voglia di fare qualsiasi cosa cola a picco; o forse i responsabili, presi da improvvisa vergogna, lo hanno fatto sparire. In breve, per invitare gli “abbonati” (anche se per la Rai il termine esatto sarebbe “contribuenti”, visto che non si tratta di abbonamento volontario, bensì di tassa obbligatoria) a continuare a guardare Raitre anche nei mesi estivi, si mostra una donna che guarda con aria triste un televisore (schermo piatto, ultimo modello), che se ne sta tutto solo dietro le sbarre di un canile (televisorile?), seguita da una bimba che, in macchina con mamma e papà, ne vede uno ai bordi della strada e chiede “Possiamo prenderlo con noi?” Stacco di montaggio, bimba che abbraccia felice l’elettrodomestico e voce fuori campo che declama “Raitre non ti abbandona. Non abbandonare Raitre.” Cito a memoria, non me ne vogliano i geniali autori se ho riportato qualche parola fuori posto.

Dovrebbe essere una parodia? Dovrebbe farmi sorridere? Se siamo arrivati al punto di poter scherzare sul fatto che migliaia di persone abbandonano quelli che fino a maggio sono i loro migliori amici, ma che già a giugno cominciano a dare fastidio, significa che lo consideriamo normale. Quasi un’abitudine. “Guarda, c’è un cane ai bordi della strada.” “Eh, sono cominciate le ferie…”

E se da un lato mi fa piacere che ci siano campagne ministeriali che invitano i cittadini a portare i propri animali in vacanza con sé (vedi il sito www.turistia4zampe.it), dall’altro mi rendo conto che sradicare le abitudini consolidate è una delle imprese più ardue da portare a termine. E presentare certe scene in TV come fossero parte della quotidianità non aiuta di certo.


Fonte foto: ENPA Monza

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A proposito di pubblicità assurde

mercoledì 18 febbraio 2009

Da un paio di settimane passo ogni giorno davanti a un cartellone pubblicitario che mi lascia perplessa. Lo slogan recita:

10 diottrie = 100% di sconto
(Lo vedi lo sconto?)

Sotto a questa frase, un uomo strizza gli occhi, come se si stesse sforzando di leggere.

10 diottrie

L’idea è interessante: ad ogni diottria mancante corrisponde un bel 10% di sconto sul prezzo della montatura. Visti i tempi che corrono, e visti i prezzi degli occhiali, chi rifiuterebbe un’offerta del genere? Però, se a una persona mancassero 10 diottrie, più che un paio di occhiali gli servirebbero un bastone bianco e un cane…

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Tu quoque, Carolina?

sabato 22 novembre 2008

La vedo da settimane: bella, aggraziata, fasciata da un costumino rosa tempestato di paillettes, è come un raggio di sole che illumina la stazione del metrò. Carolina Kostner, l’eleganza fatta persona. Peccato che accanto alla sua foto, sotto alla bandierina tricolore, campeggi a caratteri cubitali la scritta: “I miei primi cinque esami con Cepu”.

Passi la pubblicità dei grissini. Passi la partecipazione straordinaria (o “consulenza artistica”, come ho letto sulla locandina) allo spettacolo dell’anno: Winx on Ice. Ma la pubblicità della Cepu, no.

Certo, lei è la testimonial perfetta: una giovane atleta di successo che riesce a conciliare carriera sportiva ed universitaria. Non so se sia veramente iscritta all’università, ma non è importante: quello che conta è la credibilità, cioè il fatto che potrebbe effettivamente esserlo. Da questo punto di vista, faccio i complimenti a chi l’ha proposta.

Scelta senza dubbio più felice rispetto a Del Piero e Vieri, che erano un po’ meno credibili. Ricordo che pensai seriamente di cambiare facoltà quando uscì la campagna con Del Piero e giravano voci che fosse iscritto a Sociologia, proprio non mi andava di avere un “collega” del genere. Spero che fossero solo voci.

Ma tornando a Carolina, posso solo sperare che l’abbiano almeno pagata bene. La carriera agonistica, si sa, è molto breve, specie in sport come il pattinaggio artistico, e ai soldi raramente si dice di no, soprattutto in tempi di crisi finanziaria e recessione. E poi la causa è nobile: aiutare gli studenti a raggiungere la laurea. Basta che abbiano abbastanza soldi per comprarsela.