Archive for the ‘italia’ Category

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Un ottimo esempio di pessimo giornalismo

venerdì 21 settembre 2012

Abbiamo quasi chiuso il giornale quando arriva la notizia: c’è un incendio da qualche parte (qualcuno dice al centro commerciale, altri alla centrale elettrica), il fumo si vede a chilometri di distanza. Dico addio alla serata in palestra e salto in macchina. Entrambe le soffiate si rivelano sbagliate: sta andando a fuoco un capannone nella zona industriale. Ancora una volta non si capisce bene dove: la polizia locale ci indica una via, i vigili del fuoco un’altra. Va be’, sta a noi indagare, siamo qui apposta.

Gli esimi colleghi del Corriere della Sera, invece, vanno ben oltre. Perché limitarsi a riportare i fatti, aggiungiamo anche una bella nota di colore basata sul nulla:

Ho riletto la frase due volte per essere sicura di non avere le visioni: “Al momento dell’incendio, una decina di cinesi si sono allontanati di corsa, probabilmente temendo i controlli delle forze dell’ordine: di certo non erano in regola con il rispetto delle norme di sicurezza, e probabilmente neanche con il passaporto”.

Certo, chi mai uscirebbe di corsa da un edificio in fiamme? Ovvio che il Corriere ci veda qualcosa di losco.

Il magazzino non era in regola? Sì, no, forse. E chi lo sa? Come se le attività gestite da italiani rispettassero tutte le norme di sicurezza. È già abbastanza grave che lo abbiano suggerito (si sono salvati in corner aggiungendo un “probabilmente”, anzi due), ma scrivere “di certo non erano in regola” è a rischio denuncia.

Non mi avrebbe sorpreso trovare una frase del genere su Libero o Il Giornale, ma vedere che anche il Corriere è arrivato a questi livelli mi rende molto triste.

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Non chiamatelo abbonamento

domenica 5 febbraio 2012

Cari TG di mamma Rai,

speravo che mi avreste finalmente lasciato in pace. Speravo che dopo il 31 gennaio avreste smesso di ricordarmi in ogni singola edizione che i termini di pagamento dell’abbonamento stanno per scadere. E invece no, perché c’è tempo fino a fine febbraio per correre ai ripari e mettersi in regola pagando solo un piccolo sovrapprezzo.

E allora ve lo chiedo per favore: non chiamatelo abbonamento. Un abbonamento è la quota che si paga quando si decide di usufruire di un servizio: l’utilizzo dei mezzi pubblici, l’ingresso in palestra, la visione di un canale criptato. Il canone Rai non è un abbonamento: è una tassa. L’ha capito anche l’ufficio comunicazione di via Mazzini, che nelle ultime settimane ci sta martellando di spot per ricordarci che “il canone è un tributo e pagarlo è un obbligo”. È così difficile farlo capire anche ai giornalisti dei TG?

Fonte immagine: radiomarconi.com

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Rientro col botto

martedì 6 settembre 2011

Nell’ufficio in cui lavoro, il mese di settembre coincide con un’intesa attività promozionale e di marketing (tradotto: passo le giornate a piegare poster e imbustare depliant). Terminato il lavoro di concetto, è stata la volta della spedizione del materiale. E le Poste Italiane, manco a dirlo, hanno dato il meglio di sé. Di seguito quanto mi è stato riferito:

– il servizio PosteBusiness non è più disponibile nel nostro ufficio postale, ma possiamo sempre andare in quello del paese vicino;

– non è possibile spedire più di 10 buste per volta. Se proprio dobbiamo farlo, dobbiamo prendere un altro numerino e rifare la fila;

– ovviamente le missive devono essere già divise per regione o area geografica, non pretenderemo mica che i dipendenti postali si mettano a smistare la posta;

– il sistema informatico delle Poste non prevede la stampa massiva di francobolli. L’opzione “Numero di copie”, presente in un qualsiasi programma di stampa, non è prevista. Servono 10 francobolli? L’impiegata dovrà lanciare la stampa singola per 10 volte.

Capita poi che allo sportello accanto al tuo un cliente BancoPosta voglia prelevare 250 euro e l’impiegata risponda affranta “Guardi, non li ho proprio, provi al bancomat qui fuori”.  250, non 2500. Poveri noi.

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Una domenica in stazione

sabato 30 aprile 2011

© Hi! comunicazione

Un anno fa, sul mio blog di viaggio berlinese, scrivevo un post dedicato alle stazioni ferroviarie, in particolare alla differenza fra quelle tedesche e quelle italiane. Le stazioni di casa nostra, manco a dirlo, ne uscivano sconfitte su tutta la linea.

Nel frattempo qualcosa è cambiato. Sabato scorso sono andata in Svizzera partendo da Milano. Essendo arrivata in anticipo, ho avuto un po’ di tempo per visitare la nuova zona shopping della Stazione Centrale. L’ultima volta che ci ero stata la maggior parte dei negozi era ancora chiusa e il tutto aveva un’aria alquanto triste; ora sono tutti aperti e finalmente i viaggiatori hanno qualcosa da fare mentre aspettano il loro treno – in perenne ritardo. Ma la vera sorpresa l’ho avuta al ritorno. Solitamente, rientrando da Svizzera e Germania, notavo la differenza abissale con le stazioni d’oltralpe, dove bar e negozi sono quasi sempre aperti e rendono l’ambiente vivace e, soprattutto, danno un senso di sicurezza. Questa volta, invece, appena scesa dal treno, ho avuto la sensazione di essere ancora in Europa. Saranno stati i negozi aperti nonostante fosse Pasqua, o forse la bella giornata di sole, ma è stata comunque una piacevole sorpresa.

Ma c’è ancora qualcosa da sistemare. Le uscite, ad esempio. Io era abituata a prendere l’uscita centrale e scendere in metropolitana da lì. Sapendo che ci sono ancora dei lavori in corso, ho deciso di seguire le indicazioni e mi sono ritrovata ad attraversare tutta la stazione sui tapis roulant. Un giro lunghissimo e inutile. Spero che i nuovi ingressi che porteranno alla metro, al momento ancora in costruzione, ovvieranno a questo inconveniente.

La cosa peggiore, però, è stato il passaggio dalla stazione dei treni a quella del metrò. Appena ho messo piede in quest’ultima sono stata assalita da, nell’ordine:

– puzza di pipì da far venire le lacrime agli occhi
– ambiente buio e sporco
– venditori abusivi e persone che tentano di scroccare qualche spicciolo a chi sta comprando i biglietti ai distributori automatici

Come dire, gli elementi classici che ti mettono addosso quel vago senso di inquietudine e ti fanno appoggiare la mano sulla borsetta, così, per scrupolo. Sono contenta che l’ATM si sia buttata sulle nuove tecnologie e abbia lanciato qualsiasi tipo di servizio per iPhone, smartphone e affini, ma anche comprare un paio di ramazze, qualche flacone di disinfettante e delle lampadine nuove potrebbe essere un investimento utile.

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50 anni e non sentirli

venerdì 1 aprile 2011

La questione che ogni studente di Sociologia della comunicazione ha dovuto affrontare almeno una volta nella propria carriera accademica è “I media sono semplicemente il riflesso passivo della società, o la influenzano attivamente? È la società che plasma i media, o sono i media che modificano la società?” Insomma, una variante della classica domanda “È nato prima l’uovo o la gallina?” (O della marzulliana “La vita è sogno, o i sogni aiutano a vivere?”) Di certo la risposta è complessa e non si può riassumere con un semplice “A agisce su B” o “B agisce su A”. 

A parte il pippone sociologico, quello che volevo dire è che le vicende parlamentari degli ultimi giorni mi hanno fatto venire in mente un film che, oggi come all’epoca della sua uscita nelle sale, esattamente 50 anni fa, è uno specchio abbastanza fedele della realtà. 

Signore e signori, “Don Camillo Monsignore ma non troppo”, anno 1961, ben prima dell’abbrutimento collettivo post-Grande Fratello:

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Sanremo 2011, quinta serata

domenica 20 febbraio 2011

È finita. Grazie al cielo è finita. La canzone vincitrice del 61° Festival di Sanremo è “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni. E meno male, quando Morandi ha annunciato che fra le tre finaliste c’era Al Bano ho avuto un momento di panico, con tutta la vita che mi scorreva davanti agli occhi.

Sarà la tensione dei cinque giorni di festival, o forse la consapevolezza di essere arrivati alla fine sani e salvi, ma l’atmosfera è molto alla mano, sembra un po’ il festival del mio vecchio oratorio. Belen, dopo aver salutato più volte tutta la famiglia nel corso delle serate precedenti, finalmente può presentarci il suo papà, che la accompagna alla chitarra mentre lei canta una struggente canzone argentina. Morandi ribadisce il suo amore per la moglie, anche se quando si è trovato davanti la Bellucci è stato tentato di caricarsela su una spalla e sparire nei recessi dell’Ariston. Paolo porta una rosa alla moglie seduta fra il pubblico, dicendo di sapere già che, quando tornerà a casa, la figlia gli farà un mazzo così per il gesto troppo sdolcinato. Ah, la gioventù di oggi.

Ma l’apoteosi del momento oratorio è il duetto Morandi-Ranieri, due giovani promesse della musica italiana che ricordano i bei tempi andati e concludono in bellezza cantando “Nel blu dipinto di blu”, riuscendo perfino a coinvolgere le mummie in platea.

Gli altri momenti salienti della serata:

L’apertura, dedicata alle folli notti dello Studio 54 di New York, è in pratica una grande orgia, che si conclude con le ballerine in bikini dorato che strisciano sopra alle poltrone della platea. Spero che i pinguini delle prime file avessero cambiato le pile al pace-maker.

Amo Luca e Paolo per avere espresso perfettamente quello che penso della “squadra” del festival.

A Sanremo baci e fiori si sprecano, Luca dice a Morandi di essere moderno e gli schiocca un bacio in bocca.

Raquel Del Rosario ha perso il vestito e si presenta sul palco indossando un copripiumone legato con uno spago. Per imbarazzare anche il resto della famiglia, Morandi va a prendere Alonso in platea e gli fa dire due cagate sulla Ferrari. Olé.

Alle 22:15 viene presentata l’ultima canzone in gara e io mi chiedo “E adesso? Cosa facciamo per le prossime 2 ore?” sperando che la trasmissione possa finire a un orario decente. Beata ingenuità.

Il balletto della Canalis. Parliamone. Ma anche no.

Luca e Paolo ci spiegano i valori della sinistra.

Torna ad esibirsi Gualazzi, vincitore della categoria giovani, e viene annunciato che sarà proprio lui a rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest, concorso musicale che fa impazzire tutta Europa, ma che viene bellamente ignorato dagli italiani. Sono anni che i miei amici d’Oltralpe stanno tentando di convincermi a seguirlo e adesso non ho più scuse. Porc.

Svelato il segreto di Gianni Morandi: è telecomandato.

Ospite internazionale della serata è Avril Lavigne: finalmente qualcuno più basso di Morandi. Toccante il video introduttivo, che mostra orde di bimbiminkia allo stato brado per le vie di Sanremo. Non c’è la Canalis a fare da interprete, ma le domande dell’intervista sono comunque imbarazzanti.

Momento “promozione aziendale” con Milly Carlucci che presenta la nuova edizione di “Ballando con le stelle”. Nell’introduzione, Belen si offre di dare lezioni di ballo a Morandi e le sfugge un “te la do”. L’Ariston esplode in un tripudio di “Gianni! Te la da!” Morandi non coglie la sottile sfumatura e si guarda attorno con aria smarrita chiedendo “Eh? Cosa?” Non ti preoccupare, poi ti facciamo un disegnino.

Ovazione generale per Luca che manda a cagare il dovere di essere bipartisan. Non si vedeva una reazione del genere dal glorioso commento “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!”

Alla fine il pubblico a casa ha espresso le seguenti preferenze: Vecchioni 48%, Modà con Emma 40%, Al Bano 12%. Phew.

E non ho altro da dire su questa faccenda.

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Sanremo 2011, quarta serata

sabato 19 febbraio 2011

Penultima serata del Festival, dedicata ai duetti dei big e alla proclamazione dei vincitori nella categoria giovani. E appunto per restare in tema giovani, la puntata si apre con un bel liscio collettivo di fronte all’Ariston. Il vincitore è Raphael Gualazzi: la sua canzone fa incetta di premi (televoto, orchestra, Golden Share radiofonico e Coppa del Nonno), e non fatico a crederlo, data la banalità degli altri 3 brani arrivati in finale. Resta il fatto che questi “giovani” hanno presentato un tipo di musica lontana anni luce da quella che ascoltano i ragazzi italiani.

Velo pietoso sull’intervista alla Bellucci, con Morandi che a momenti viene colto da infarto in diretta, e a Robert De Niro. Se pensavo che l’intervento di Andy Garcia della seconda serata fosse la cosa più imbarazzante che avessi mai visto, ieri sera mi sono dovuta ricredere. Vengono poste domande avvincenti del tipo “È stato difficile baciare Monica Bellucci?” e “Perché il suo cognome è passato da Di Niro a De Niro?” (te lo dico io, Gianni: perché in inglese la “i” si legge “ai” e la”e” si legge “i”, roba che manda sempre in crisi gli italiani). La traduzione non è affidata all’interprete, come ci si aspetterebbe, ma alla Canalis, che si inventa bellamente le risposte. Ma tanto ce ne saremo accorti in tre, con buona pace di tutti i bravi interpreti che ci sono in Italia. Per la cronaca, “gentrify” significa “imborghesire”. Del resto, è vero che la fanciulla sta con Clooney, ma credo che i loro scambi linguistici siano di altra natura.

A parte questi momenti elettrizzanti, il resto della serata non ha riservato grandi emozioni.

Barbarossa si porta appresso Neri Marcorè, che io adoro, col quale abbozza quello che immagino dovesse essere un siparietto comico, ma che non ha assolutamente senso. Mi viene in mente un solo commento a riguardo: eh?

Belen sembra uscita da “Hercules” della Disney.

Tricarico canta con un coro di bambini e si trasforma per l’occasione in un novello Mago Zurlì, sfoggiando un completino color gelato al puffo. Il pubblico a casa non apprezza e lo rispedisce nel Fantabosco.

Luca e Paolo, per dovere di par condicio, se la prendono con l’opposizione, anzi, le opposizioni. La performance non è brillante come quella della prima serata, ma rispecchia splendidamente la situazione. Così come è assolutamente fedele alla realtà la riflessione sul tema “Ma alla fine, dove ha sbagliato lui?

Scusate l’ignoranza, sono un paio di lustri che non seguo il festivàl, ma anche nelle scorse edizioni i fotografi sbraitavano durante le interviste per attirare l’attenzione delle star di turno e farle voltare verso l’obiettivo? Capisco farlo fuori dal teatro, ma durante la diretta mi sembra un tantino poco fine…

Non avrei mai pensato di dire una cosa del genere, e buona parte dei miei amici probabilmente mi toglierà il saluto per questo, ma ci sono rimasta male per l’eliminazione di Max Pezzali. La canzone non è il mio genere, ma non era certo peggio di altre, e il suo duetto con Lillo e Greg in chiave swing non era male. Ed era anche divertente, al contrario del pasticcio di Barbarossa.

Giusy Ferreri e Francesco Sarcina vincono il premio di più tamarri del festival.

Grande ritorno dei Take That a Sanremo. Mark Owen dev’essere rimasto nel congelatore per gli ultimi 15 anni, è identico all’ultima volta che l’ho visto (andavo ancora alle medie).

Ma la biondona platinata che ogni tanto compare sul palco per consegnare buste e microfoni è la stagista del festival? L’equivalente sanremese del “Signorina, mi faccia due fotocopie e mi prepari il caffè?”

E stasera, finalmente, il gran finale. Non ce la faccio più.

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Sanremo 2011, terza serata

venerdì 18 febbraio 2011

Che fatica. Ammetto di non essere la persona più patriottica della penisola, ma la puntata di ieri ha messo a dura prova la mia forza di volontà. Serata speciale dedicata ai 150 dell’Unità d’Italia, ospite attesissimo Roberto Benigni, che arriva trionfale su un cavallo bianco sventolando un Tricolore, e già mi sento un po’ male. La prima mezz’oretta è un po’ fiacca: le solite battute che, sì, fanno ridere, per carità, ma ci si aspetta un po’ di più da Benigni. O forse sono io che mi aspetto un po’ di più da Benigni. Mi è piaciuta, invece, la seconda parte, l’esegesi dell’inno di Mameli (a proposito, sarei curiosa di sapere in quanti fra gli spettatori avessero mai sentito il termine “esegesi”). Ora, ribadisco il fatto che tutto quello che è troppo patriottico mi da’ un pochino di nausea, ma mi ricordo ancora di un tempo lontano, quando la mia materia preferita era Storia e il mio argomento preferito proprio il Risorgimento. Ecco, se fossi un’insegnante di Storia, mostrerei ai miei alunni l’intervento di Benigni. Perché un conto è dire “Mazzini fondò la Giovine Italia nel…” o “Garibaldi guidò la spedizione dei Mille partendo da…”, frasi che ai ragazzi entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Forse invece raccontare che dei loro coetanei (immagino che il Risorgimento si studi ancora tra la quarta e la quinta superiore, dipende da quanto si è in ritardo col programma) abbiano deciso di mollare tutto e andare a morire così, per un ideale, magari può risvegliare un minimo di interesse. Anche solo per il fatto che è un’idea talmente lontana dalla realtà di oggi che qualcuno potrebbe esserne incuriosito.

Mi è piaciuto anche l’intervento di Luca e Paolo sugli indifferenti (che faccia avrà fatto La Russa quando si è trovato davanti il faccione di Gramsci?), a dimostrazione del fatto che sono bravi anche quando sono seri, non solo quando fanno i Cugini Merda.

Il resto della serata può essere riassunta in una parola: yawn. Gli ultimi quattro giovani in gara si sono presentati sul palco poco prima di mezzanotte e, mentre i primi quattro avevano cantato brani di generi totalmente diversi fra loro, le canzoni di ieri sembravano scritte con la carta carbone. Tra l’altro, il pezzo dei gemellini (a.k.a. i Jonas Brothers de noantri), stonature a parte, aveva una certa assonanza con un brano dei Nickelback, o è solo una mia impressione?

Le canzoni presentate dai big oscillavano tra il banale e l’inascoltabile, tanto che perfino il mio televisore si è ribellato e si è impallato in più di un’occasione. Ma abbiamo stretto i denti e siamo arrivati fino alla fine.

Le solite considerazioni sparse:

Belen e la Canalis si presentano vestite da matrimonio (la prima indossa una specie di smoking, la seconda sembra vestita da sposa) e improvvisano un ballo con casqué. Se va avanti così, per la finale mi aspetto come minimo che si mettano la lingua in bocca.

Anna Tatangelo è vestita da bomboniera. Gli zatteroni credo le siano stati consigliati da Maurizia Paradiso.

Aiuto, la Oxa! Mamme, mandate a letto i bambini! Sembra un esperimento genetico sfuggito al controllo di uno scienziato pazzo, un ibrido fra Siouxie e la strega di Biancaneve. Moira Orfei al confronto ha un look “acqua e sapone”.

Il pubblico può donare 2 o 5 euro ad una Onlus telefonando o inviando un SMS durante l’esecuzione delle canzoni. Il brano che alla fine ha ricevuto più donazioni è “Va’ pensiero”, interpretata da Al Bano e due cantanti greci. Al di là di ogni considerazione personale (il mio intestino ha trovato l’interpretazione molto stimolante), chissà come l’avranno presa i leghisti, il loro inno cantato da un terùn e due stranieri. Sento già le popolazioni delle valli padane che si mobilitano.

I miei complimenti a Paolo per la cravatta. Nerazzurra.

Il brano cantato dai Modà con Emma è dedicato a Sacco e Vanzetti. Nella presentazione si ricorda che in America, all’inizio del secolo scorso, alcuni locali esponevano cartelli che dicevano “Vietato l’ingresso agli italiani”. Per la cronaca, un paio di anni fa, fuori da un bar del mio paese, ce n’era uno che diceva “Vietato l’ingresso a romani e rumeni”.

La fine si avvicina e nessuno dei conduttori sa più cosa fare, partono stacchi pubblicitari non annunciati, non si capisce chi debba dire cosa e introdurre chi, vengono ripescati Al Bano e la Tatangelo, beccata ad esultare con eleganti movimenti di bacino, e Morandi canta l’inno nazionale. È l’1 passata e io mi chiedo chi me l’abbia fatto fare.

    Stasera appuntamento con i duetti e l’ultima eliminazione prima della finale. Vedo la luce in fondo al tunnel.

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    Sanremo 2011, seconda serata

    giovedì 17 febbraio 2011

    Sarà che non sono abituata a guardare la TV per due sere di fila, sarà che la seconda puntata del festival aveva un che di soporifero, ma è stata una fatica arrivare fino alla fine. Un assaggio di come sarebbe andata l’avevo avuto durante la conferenza stampa pomeridiana, quando la responsabile di non so cosa ha spiegato che i giovani si sarebbero esibiti dopo i 12 big rimasti in gara. Commento di una giornalista: “Quindi a notte fonda”. Replica della suddetta responsabile: “Eh, ma si sa che i giovani fanno tardi.” Geniale, davvero. Come se i ggiòvani guardassero il Festival di Sanremo. Ma tant’è. Le quattro “nuove proposte” di ieri, tra l’altro, presentavano quattro generi completamente diversi fra loro, rendendo difficile fare un confronto: una classica canzone melodica “all’italiana”, un pezzo reggae, un brano R&B e uno vagamente jazz. A riprova che i bimbiminkia italici stavano facendo tutt’altro, sono passati la prima e l’ultimo.

    Ma passiamo alle considerazioni generali, in ordine più o meno di apparizione.

    Gianni Morandi spunta da una palla, un po’ come Lady Gaga che arriva ai Grammy all’interno di un uovo. Mi astengo dal commentare, ci hanno già pensato Luca e Paolo a prenderlo per il culo.

    Qualcuno sa spiegarmi come ha fatto Tricarico a passare da “Puttana la maestra” all’inno al Tricolore? Devo essermi persa qualche passaggio fondamentale.

    Max Pezzali si è finalmente ricordato la combinazione del lucchetto della valigia e ha potuto indossare dei vestiti normali.

    Ommioddio Ellen come si chiama. Vedo che il suo italiano non è migliorato dai tempi della Gialappa’s.

    Andy Garcia superospite della serata. Allora. Già la presentazione sembrava fatta con PowerPoint, l’intervista poi, se vogliamo chiamarla così, è stata la solita accozzaglia di luoghi comuni sull’Italia. (Lo sapevate? A Andy Garcia piace la cucina italiana! Tra poco la ricetta dei bucatini alla Andy, su Rieducational Channel.) Momento “d’oh!” quando Morandi gli chiede, con un giro di parole, se ha mai fatto le corna alla moglie (con cui è sposato da 30 anni) e gran finale al pianoforte. Cuba libre per tutti!

    Paperona di Morandi che dice che quest’anno si festeggiano 150 anni di Repubblica Italiana; si salva in corner con una rettifica dopo la pubblicità. Eppure certe cose dovrebbe saperle, all’epoca lui c’era.

    Qualcuno scriva un decreto d’urgenza per impedire alla Canalis di parlare in inglese. Davvero, il legittimo impedimento in questo caso sarebbe assolutamente legittimo. Che si limiti a far vedere il lato b come ha fatto per tutta la sera.

    Alle 23:30 passate arrivano i ggiòvani, preceduti da una manfrina interminabile sul funzionamento del televoto. E una raccomandazione: si possono inviare al massimo 5 SMS per artista; noi non abbiamo i mezzi tecnici per impedirvi di inviarne 5 mila, ma confidiamo nel vostro buon senso. BWHAHAHA, questa era davvero bell… Ah, non era una battuta?

    Dopo i colori di una marca di telefonia nella prima serata, l’ospite musicale (Eliza Doolittle) canta il brano usato nello spot dell’altra. Così, per par condicio.

    Il momento di delirio generale alla fine, con sonagli, maracas e il direttore d’orchestra che se ne va in giro per il palco con la chitarra a tracolla, è chiaramente copiato dai concerti dei Deluded by Lesbians, i grandi assenti di questa edizione.

      E stasera puntatone dedicato ai 150 di Unità d’Italia, con Roberto Benigni e inizio alle 20:40. Vado a preparare la caffettiera da 6.

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      Sanremo 2011, prima serata

      mercoledì 16 febbraio 2011

      Dunque, il Festival di Sanremo. Erano anni che lo avevo cancellato dal mio palinsesto personale (che non contiene molto, a voler essere sinceri) e vivevo benissimo comunque, thankyouverymuch. Ma quest’anno, un po’ perché ho dovuto scrivere un articolo sulla reunion dei La Crus, un po’ perché ci sono Luca e Paolo, ho messo da parte i miei pregiudizi televisivi e ho deciso di dare a mamma Rai una possibilità.

      A parte una regia in alcuni punti francamente imbarazzante, è stato meno peggio di quanto immaginassi. Mi ha stupito soprattutto il fatto che alle 23:30 si fossero già esibiti tutti gli artisti in gara: ero abituata ai tempi biblici di Pippo Baudo, quando gli ultimi cantanti si trascinavano sul palco mentre fuori già albeggiava, accolti dal tenero ronfare della platea.

      Alcune considerazioni sulla prima serata, in ordine sparso.

      a) La pettinatura di Paolo è un omaggio a Gene Wilder in Frankenstein Junior?

      b) Perché per i brani introduttivi degli artisti – ricordo che il titolo completo del festival è “Festival della canzone italiana” – sono state usate solo canzoni straniere?

      c) Qualcuno mi ha fatto notare che i primi abiti indossati da Belen Rodriguez ed Elisabetta Canalis erano uno blu, l’altro rosso. Che poi sono anche i colori di una certa marca di telefonia pubblicizzata da una certa showgirl argentina. Coincidenza?

      d) Avete capito che tutta la famiglia di Belen era in sala? No, magari vi è sfuggito, la fanciulla ha salutato il papà solo tre o quattro volte nel corso della serata.

      e) Qualcuno ha spiegato alla Canalis che non era sul set fotografico di un calendario e non c’era bisogno di fare la faccia da luglio per tutto il tempo? O forse era agosto. O un omaggio a Zoolander, non ho capito bene.

      f) Paolo, tesoro, non è necessario urlare i nomi dei cantanti, quella cosina nera che hai sulla cravatta è un microfono, un prodigio della tecnica grazie al quale i telespettatori possono sentirti anche a chilometri di distanza.

      g) Le più sgamate, televisivamente parlando: Emma e Nathalie, che sapevano esattamente quando e come guardare in camera.

      h) Il momento più imbarazzante: il twist “ballato” da Morandi con la Canalis. Dove Morandi era il più agile dei due.

      i) Ma anche l’inizio con Antonella Clerici non scherzava.

      l) Cos’è successo alla faccia di Patty Pravo?

      E direi che per oggi basta. Comunque io ho già eletto la canzone vincitrice morale di questa edizione: